Mi perdoni la società dell’Atletico Igea, se questa settimana avverto l’esigenza di scrivere sui giallorossi. La partita di Coppa Italia contro la Leonzio offre una chiara chiave di lettura: nell’Atletico Igea manca un leader e il tecnico Nello Miano non gode di quell’autorevolezza necessaria per gestire lo spogliatoio. Sulla carta la compagine giallorossa è tra le più forti, ma in campo le prestazioni offerte sono veramente squallide: continue espulsioni, goal subiti su calcio da fermo e assenza di una qualsiasi trama di gioco. A tutto questo si aggiunge una marcata ambiguità societaria. Insomma, l’Atletico Igea sembra un’impresa sull’orlo del fallimento (non economico, ma dal punto di vista tecnico-gestionale), che tenta disperatamente di celare la propria condizione, per cercare di sopravvivere. Periodo nero, anzi nerissimo. La domanda che circola in questi giorni nelle radio, nei social network è questa: dove potrà arrivare questa squadra? Risposte discordanti ma si è tutti d'accordo su un punto: qualcosa dal punto di vista tecnico-societario proprio non và. Le vittorie contro Trappitello e Vigor Vespri avevano solamente mascherato e non risolto i problemi. Mercato sbagliato. Completamente sbagliato. Una squadra senza una punta centrale, senza esterni che saltino l'uomo con facilità (l'unico era Iuculano, ma è stato ceduto), senza terzini che sappiano fare bene sia la fase offensiva che quella difensiva. Un gioco lento, macchinoso e per certi versi indisponente. Preparazione atletica assente. Il continuo via vai di calciatori, molti senza avere fatto una buona preparazione atletica, è uno dei tanti motivi del tracollo. Ecco spiegato perché l'Atletico faccia fatica a finire le partite in modo decoroso e sia spesso a corto di fiato. Confusione nel modulo e nei titolari. Alzi la mano chi ha, al momento, in mente la formazione-tipo dell'Atletico anno 2010-2011. Il primo a non saper rispondere è Miano. L'Atletico non ha mai giocato due partite consecutive con gli stessi uomini e con lo stesso modulo e non solo per motivi dovuti ad infortuni e squalifiche. 4-4-2, 4-4-1-1, 4-3-2-1 si sono alternati di partita in partita. Va bene la duttilità tattica ma cosi è troppo. L'Atletico di Nardi giocava con il 4-4-2 (creando 5-7 palle goal a partita), quella di Miano non ha un marchio di fabbrica. Se un giocatore non è in forma e non offre prestazioni di un certo tipo deve essere lasciato in panchina. Mancanza di un uomo guida per i giallorossi. E’ come avere un bel palazzo senza le fondamenta: è una struttura debole di partenza. Può sembrare un fattore secondario ma non lo è. Sono convinto che molti problemi vengano proprio da questo punto. Si naviga a vista e nel calcio questo non è mai un aspetto positivo. Manca la progettualità, la possibilità di guardare al futuro con ottimismo. Per i giocatori questo è sicuramente un fattore che porta sfiducia, perplessità e dubbi. Insomma manca la tranquillità e il sostegno che solo una società forte può offrire. Ora che l’Atletico Igea è lontano dai play off, con un piede fuori dalla Coppa Italia, ci si può aspettare di tutto! Eppure squadre come il Collesano, Tiger e Capaci, sono costate molto meno dell’Atletico Igea! Il gioco del calcio in città come Barcellona Pozzo di Gotto potrebbe costruire un vero business, se fatto con intelligenza e professionalità, proprio delle qualità, che sono mancate a questa società, che ha avuto solo la fortuna di rilevare il Nuovo Falcone per poche miglia di euro.
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